Avete presente quando entrate in un centro commerciale con i saldi in corso? Gente che corre a destra e a sinistra con lo sguardo determinato di chi vuole accaparrarsi l’occasione del giorno, disposta a spintonare, caricare, ringhiare contro i possibili acquirenti rivali? File interminabili ai camerini, durante le quali si mettono radici in negozio e si osservano le cose brutte e inutili in mano agli altri, con lo sconto sullo sconto dello sconto, unico motivo per cui forse saranno comprate? È in quel momento che si cerca di capire se tutto questo stia succedendo anche a noi, se la trasformazione in mostri da saldo sia in corso, sia già avvenuta, o ci terrorizzi abbastanza da farci abbandonare il circo degli sconti, tornando a godere della tranquillità, alla luce del sole.
Non mi ero accorta che la mia mutazione fosse arrivata ormai a un punto tale per cui era cominciata la fase di abbandono delle sembianze umane, per diventare io stessa capo d’abbigliamento in vendita.
Me ne sono resa conto nel momento in cui una placca antitaccheggio è comparsa sul mio braccio.
Non c’è stato bisogno di passare per la cassa per realizzare questo evento sconcertante, e neanche di far suonare l’allarme all’uscita dal negozio. La professionale e simpatica commessa a cui stavo chiedendo un consiglio sulla taglia della maglietta che volevo comprare, ha visto la mia piastrina antitaccheggio, e immediatamente riconoscendomi come abito in saldo, ha giustamente allungato il braccio per prendermi, ripiegarmi e mettermi al mio posto.
L’esperienza è stata stravagante: c’era gente che mi osservava, valutava se il mio tessuto fosse di qualità, se il colore fosse in tono con quello dei propri capelli, se l’orlo si potesse rifare.
A un certo punto, quando ho capito che qualcuno mi avrebbe voluto indossare, ho provato a spiegare che il mio non era un antitaccheggio, ma un sensore per la glicemia. Purtroppo questo non ha risolto la questione, perché quasi nessuno sapeva cosa fosse un sensore per la glicemia, e tutti si guardavano stralunati. La commessa infine si è un po’ infastidita, e ha iniziato a scuotere la testa borbottando che ora ci mancava solo la moda dei vestiti che parlano.
Nota dell’autrice: i fatti riportati sono di pura fantasia, com’è ovvio, ma partoriti dalla mia mente in seguito a un episodio reale, nel quale veramente una commessa, mentre mi parlava di magliette, ha inspiegabilmente allungato la mano verso il mio sensore, come se avesse riconosciuto per automatismo una placca antitaccheggio e stesse cercando intorno a essa un cartellino per verificare la taglia. Un fatto a cui non ho comunque trovato una chiara spiegazione, se non nella stanchezza della giovane, e nell’azione meccanica conseguente. Non sono stata appesa a una gruccia, bensì ho dovuto arginare l’imbarazzo e il disorientamento della ragazza, che aveva istantaneamente realizzato di aver toccato qualcosa attaccato al mio braccio. L’ho tranquillizzata e le ho spiegato che questi piccoli strambi episodi mi sono utili per fare divulgazione scientifica. E anche per scrivere storie.